Italiani in guerra by Pietro Cavallo;

Italiani in guerra by Pietro Cavallo;

autore:Pietro, Cavallo; [Cavallo, Pietro ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Biblioteca storica
ISBN: 9788815359032
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2020-08-15T00:00:00+00:00


3. Il nemico impossibile

Si è già detto come, a partire dal ’41, gli Stati Uniti fossero considerati ormai un paese nemico. Nella stampa, nella pubblicistica, alla radio si moltiplicavano gli attacchi all’America, anche se va sottolineato che gli strali degli autori si indirizzavano, più che a tutto il popolo americano, soprattutto a colui che era ritenuto il vero responsabile del progressivo coinvolgimento statunitense: il presidente Roosevelt. Gino Cucchetti, in un libro scritto poco prima dell’entrata in guerra degli USA (anche se pubblicato nel ’41) con l’intento di mostrare come gli attuali responsabili della politica americana avessero tradito l’originario spirito antinglese dei fondatori della repubblica stellata, indicava nel presidente degli Stati Uniti il pericolo maggiore per la Germania e l’Italia. La politica di Roosevelt era «immorale, illiberale, cupida»[140], caratterizzata da «uno sfacciato dispotismo di marca democratica»[141]. Il presidente americano, «maestro nell’arte di dire una cosa e di farne una opposta»[142], aveva «promesso la più rigida neutralità fin dal 1o settembre 1939»[143] e aveva nei due anni trascorsi portato l’America «a diventare l’arsenale bellico dell’Inghilterra»[144], tradendo il popolo americano che «non vuole la guerra accanto alla sua antica nemica, la Gran Bretagna»[145].

Cucchetti riprendeva argomenti già noti e da tempo presenti sulla stampa quotidiana. Nel maggio 1940, sul «Corriere della Sera», Pietro Carbonelli, recensendo il libro di due giornalisti americani, American White Paper, «una cronaca degli ultimi avvenimenti internazionali, come essi furono visti e vissuti dietro le segrete porte della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato», metteva in luce il contrasto tra il presidente, favorevole a un intervento in favore di Francia e Inghilterra, e il popolo americano che, nella sua grande maggioranza, intendeva rimanere estraneo al conflitto[146]. Fino al dicembre del ’40, però, almeno sulla grande stampa, gli attacchi a Roosevelt sarebbero stati quanto mai scarsi: anzi, in occasione delle elezioni presidenziali americane, i giornali italiani avrebbero mantenuto un atteggiamento di sostanziale equidistanza tra i due candidati in lizza. Le elezioni venivano viste con grande distacco, come «un affare di esclusivo interesse americano, il cui esito potrà difficilmente influenzare il corso inesorabile degli avvenimenti mondiali»[147]. A partire dal gennaio ’41 il tono sarebbe decisamente mutato. Si assisteva a un continuo fiorire di articoli tutti tesi a mostrare come sempre più si approfondisse il solco tra un’America ostile a ogni intervento in guerra e un presidente che, rinnegando quello che era stato il Leitmotiv della sua campagna elettorale nonché le tranquillizzanti dichiarazioni rilasciate dopo la sua terza rielezione, agitando lo spauracchio di inesistenti pericoli per gli USA, a grandi passi stava portando il Paese al conflitto[148]. Il 16 gennaio 1941 Barzini scriveva:

Da quasi due anni, cioè da molto prima che scoppiasse il conflitto in Europa, il popolo americano si sente dire per bocca del suo Presidente che le immense risorse dell’America costituiscono il vero obiettivo al quale gli Stati totalitari tendono attraverso la brutale conquista del mondo; che un orrendo destino di servitù e di miseria minaccia l’intero Emisfero Occidentale; che i Regimi dell’Asse rappresentano la negazione di quelle leggi divine e umane su cui si fonda la convivenza pacifica delle Nazioni civili[149].



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